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Il tema dell’esercizio privato di pubbliche funzioni e servizi (c.d. esternalizzazioni) è stato oggetto di attenzione da parte della dottrina fin dal diciannovesimo secolo. L’interesse suscitato da tale materia ha coinvolto non solo grandi giuristi nostrani, ma anche autori di altri Paesi, dove il fenomeno dell’esternalizzazione si è affermato ancor prima che in Italia.
Nella presente sezione si riportano, per autore, una serie di contributi dottrinari, nazionali e stranieri, che rappresentano in modo significativo la “tradizione storica” delle esternalizzazioni. La tradizione italiana V. Santi Romano Nelle opere di Santi Romano il tema dell’esercizio privato di funzioni pubbliche risulta strettamente connesso alla nozione di “amministrazione”: l’A., infatti, riferisce tale nozione tanto allo Stato-persona, quanto ad alcuni soggetti ausiliari del medesimo (enti dotati di autarchia, cittadini e privati concessionari). Nello specifico, l’esercizio di funzioni pubbliche da parte dei privati concessionari equivale ad un’attività che “supplisce o equivale a quella dello Stato, o anche che rimane statuale per spettanza, pur venendone ceduto l’esercizio”, sulla base di una norma generale o di un atto amministrativo. A tal riguardo rileva, in modo particolare, la nozione di “concessione amministrativa”, che nelle prime opere dell’A. risulta riconducibile a tutti i casi nei quali l’amministrazione “trasmette” ad altri poteri e diritti preesistenti o di nuova origine; nelle opere successive, invece, tale nozione è considerata del tutto inappropriata, ritenendo che gli stessi poteri e diritti sarebbero, invece, intrasmissibili, in quanto strettamente connessi a determinate capacità, posizioni e qualità. Da questo si ricava che la concessione non comporta mai una successione “traslativa”, ma, semmai, “costitutiva”, dando vita ad un nuovo potere o diritto solitamente analogo a quello del concedente, anche se più limitato. La costituzione di potestà pubbliche in capo ai privati rende loro possibile l’emanazione di atti amministrativi in modo funzionale al perseguimento dell’interesse generale. Le opere - Principi di diritto amministrativo italiano, (I ed. del 1902 e II ed. del 1906) III ed., Milano, Giuffrè, 1912, p. 51 ss. - Il Diritto pubblico italiano, (I ed. del 1914), Milano, Giuffrè, 1988 (ultimo aggiornamento), p. 109 ss. - Corso di diritto amministrativo, Principi generali, Padova, Cedam, 1937, p. 2 – 9 e 189 ss. - Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, Giuffrè, 1947, p. 3 ss e, in particolare, il saggio Organi, p. 145 ss. - Prime pagine di un manuale di diritto amministrativo, in Scritti Minori, Diritto amministrativo, II, Milano, Giuffrè, 1950, p. 425 ss. O. Ranelletti Nel complesso, le riflessioni dell’A. sull’esercizio privato di potestà pubbliche sono influenzate da una visione “statocentrica” della materia in esame. Sulla base di tale impostazione si ritiene che, ogniqualvolta la soddisfazione dei bisogni collettivi non possa avvenire attraverso la “mano privata” o ciò risulti particolarmente dispendioso, allora è necessario l’intervento dello Stato. Le opere - Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative. Parte III: Facoltà create dalle autorizzazioni e concessioni, in Riv. it. sc. giur., XXI, 1896, fasc. III, p. 12 ss. - Il concetto di “pubblico” nel diritto, in Riv. it. sc. giur., 1905, XXXIX, p. 337 ss. - Rapporti giuridici privati e pubblici e interessi individuali e collettivi, in Studi in onore di Carlo Fadda pel XXV anno del suo insegnamento, vol. II, Napoli, 1906, p. 249 ss. - Diritto pubblico e privato nell’ordinamento giuridico italiano, in Riv. dir. pubbl., XXXIII, 1941, I, p. 26 ss. - Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, Milano, Giuffrè, 1904, p. 670 ss. - Corso di diritto amministrativo, II, Padova, 1914, ristampa, Padova, Cedam, 1992, p. 859 ss. L’opera di Enrico Presutti affronta, in particolare, la questione della definizione “sostanziale” del fenomeno dell’esercizio privato di servizi e funzioni pubbliche, partendo da una considerazione di base: per i privati, a differenza degli enti pubblici, l’esercizio di potestà pubbliche non comporta soltanto la prestazione di mere operae a favore dell’amministrazione, ma anche l’espletamento di un opus. Ciò significa che l’esercizio di tali potestà da parte dei privati costituisce sia un diritto che un obbligo. I privati perseguono, quindi, una duplice finalità: da una parte, il soddisfacimento dell’interesse pubblico, dall’altra, l’ottenimento di un profitto. Tale duplicità di scopi non consente di qualificare i concessionari come organi dello Stato, ma come amministrazioni statali indirette o “improprie”. Il privato è, dunque, legittimato ad esercitare potestà pubbliche solo in quanto conferitegli attraverso la concessione; questo gli consente anche di adottare atti amministrativi “jure imperii”. - Istituzioni di diritto amministrativo italiano, II ed., I, Roma, 1917, p. 141-194; p. 435-438. L. Raggi Luigi Raggi dedica una particolare attenzione all’individuazione degli elementi di differenza tra l’esercizio di potestà pubbliche da parte di organi statali e da parte di privati: la distinzione principale riguarderebbe la diversa natura “soggettiva” delle figure in esame. Gli organi statali, a differenza dei privati, esercitano il “diritto di imperio” in nome proprio. Inoltre, l’A. sottolinea che la stessa nozione di “organo” riguarda il “complesso di funzioni caratterizzate come unità”, che non può afferire ad un soggetto diverso dallo Stato. Tuttavia, i privati possono adottare atti amministrativi, se destinatari dell’esercizio di funzioni e servizi pubblici; negli altri casi gli atti da questi adottati avranno carattere amministrativo soltanto per quanto concerne gli effetti. Nella prima ipotesi i privati possono considerarsi quali organi amministrativi “impropri”. - Sull’atto amministrativo (concetto, classificazione, validità), in Riv. dir. pubbl., 1917, I, p. 168-170. - Sull’amministrazione pubblica del diritto privato, in Riv. dir. pubbl., 1918, I, p. 109 ss. - Gli atti amministrativi delle autorità non amministrative e la competenza della IV sezione del Consiglio di Stato, in Riv. dir. pubbl., 1918, II, p. 232 ss. - Diritto amministrativo. IV. Soggetti – Organi – Organizzazione dell’amministrazione diretta. Lezioni svolte nell’Anno Accademico 1931 – 32 raccolte dallo studente Jean Balbi, II ed., Padova, Cedam, 1935, p. 106-138. G. Zanobini L’A. distingue, inoltre, tra “organi diretti” e “organi indiretti”: questi ultimi sono quelle persone incaricate dallo Stato di esercitare “un’attività corrispondente ad uno dei propri fini”, le quali, pur agendo con mezzi propri e in nome proprio, risultano collegate all’organizzazione amministrativa “per mezzo di altri organi diretti incaricati di esercitare su quelle poteri statali di vigilanza e di disciplina, che sono una continuazione e un completamento dei poteri organici statali”. - L’esercizio privato delle funzioni e dei servizi pubblici, in Primo Trattato completo di diritto amministrativo italiano, vol. II, Parte III, Milano, Giuffrè, 1920, ed. del 1935, p. 235 ss. - Corso di diritto amministrativo, vol. III, L’organizzazione amministrativa, Milano, Giuffrè, 1946, p. 301- 322. - L’esercizio privato delle pubbliche funzioni e l’organizzazione degli enti pubblici, in Scritti vari di diritto pubblico, Milano, Giuffrè, 1955, p. 96 ss. G. Miele - La manifestazione di volontà del privato nel diritto amministrativo, Roma, 1931. - Pubblica funzione e servizio pubblico, in Archivio giuridico, 1933 e in Scritti giuridici, I, Milano, Giuffrè, 1987, p. 135 ss. - La distinzione fra ente pubblico e privato, in Riv. dir. comm., 1942. - Ente pubblico e concessione di servizi pubblici, nota a Cons. St., V, 16 giugno 1942, n. - Attualità e aspetti della distinzione tra persone giuridiche pubbliche e private, in L’organizzazione amministrativa, Atti del IV Convegno di Studi di scienza dell’Amministrazione, Varenna, 1958, Milano, Giuffrè, 1959. - Funzione pubblica, in Noviss. Dig. It., VII, 1961, p. 686 – 687. M. S. Giannini L’A., inoltre, definisce la funzione pubblica come l’insieme delle attività esercitate dal complesso “degli apparati amministrativi dello Stato e degli altri enti pubblici o comunque delle altre figure soggettive del settore pubblico”, tra le quali sono compresi i privati esercenti funzioni e servizi pubblici. Sull’esercizio del munus pubblico è sempre previsto l’espletamento di un controllo, in particolare relativo alla verifica del perseguimento dell’interesse pubblico. Riguardo all’istituto della concessione di pubblico servizio, inizialmente, l’A. lo collega alla categoria dei munera pubblici, poi lo definisce, invece, come conferimento di un ufficio ad un’impresa: più esattamente si tratterebbe di “atti organizzativi, con i quali un pubblico potere provvede a dare un titolare ad un proprio ufficio”, il quale è un’impresa e non una persona fisica. Il titolare di un munus pubblico, pur mantenendo una natura privatistica, può adottare atti produttivi di effetti amministrativi, anche se non perfettamente equiparabili agli atti amministrativi (tanto da escludere per essi la giurisdizione del giudice amministrativo). Tuttavia, nel caso di concessione di pubblico servizio non si esclude la possibilità dell’adozione di atti regolati dal diritto amministrativo, soprattutto se si tratta dell’esercizio di potestà autoritative (si pensi, ad esempio, all’accertamento di contravvenzioni). I risultati conseguiti dall’attività dell’esercente il munus pubblico sono sempre imputati all’amministrazione concedente/ausiliata. - Lezioni di diritto amministrativo, I, L’amministrazione pubblica e la sua attività, Milano, Giuffrè, 1950, p. 124 ss. - Atto amministrativo, in Enc. dir., VI, Milano, Giuffrè, 1959, p. 172. - Organi di mera erogazione ed organizzazione impropria, in Studi in memoria di Lorenzo Mossa, 1961, II, Padova Cedam, 1961, p. 395 ss. - Corso di diritto amministrativo. Dispense anno accademico 1964-65, I. Premesse sociologiche e storiche e profili costituzionali, II. Teoria dell’organizzazione, Milano, Giuffrè, 1965, p. 146 ss. e 291 ss. - Esercizio privato di pubbliche attività, in Enc. dir., XV, Milano, Giuffrè, 1966, p. 686. - Diritto amministrativo, I, Milano, Giuffrè, 1970, p. 123-131; 168-173; p. 256-257.
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